Da "La Gazzetta di Reggio" del 26 luglio 2013

Vizi, virtù e malaffare raccolti in un romanzo scritto a quattro mani 

di Giovanni Guidotti

Andrea Camilleri aveva già creato una storia partendo da alcuni documenti, recuperati in vari archivi, cuciti tra loro con abilità e ingegno. Nacque così nel 1998 "La concessione del telefono". Ora due reggiani che da anni scrivono insieme, Andrea Friggeri e Alessandro Bassi, sulla strada di Camilleri compiono una manovra coraggiosa e nel loro ultimo romanzo, "Quando arbitro fischia", inventano una narrazione documentale: non c'è niente di vero, però tutto è verosimile. Le vicende si svolgono nell'immaginario Colpacato, un piccolo comune della Valplacida dove la tranquilla routine è interrotta bruscamente da una serie di azioni violente (come il danneggiamento di auto parcheggiate in divieto di sosta o la denuncia pubblica di un evasore fiscale) attuate da un misterioso Arbitro per smascherare, o meglio “fischiare il fallo” di un'azione illecita, immorale. Ben presto nasce un fenomeno mediatico, con un movimento che sostiene l'attività dello sconosciuto giustiziere e alla fine il paese riscopre il valore delle regole; tuttavia a caro prezzo, pagato anche dai due protagonisti, Ilaria, giovane giornalista, e Oscar, maresciallo dei Carabinieri.

Gli autori scelgono la forma del giallo, con l'immancabile elemento di suspense, in un crescendo di eventi e colpi di scena, ma allo stesso tempo modificano profondamente la struttura rendendola multimediale: la narrazione pura scompare, il testo si frammenta in documenti (articoli di giornali, diari, messaggi telematici), immagini (foto e disegni) e persino suoni (su www:quandoarbitrofischia.com è possibile ascoltare un tappeto musicale). Il titolo del romanzo rimanda alla battuta «rigore è quando arbitro fischia», dell’allenatore Boskov, e su questo aforisma calcistico la metafora di Colpacato si dilata sino a diventare allegoria del nostro Paese, con “la cultura italica egoistica, indolente e permissiva”, ma pure con l'origine di un dissenso e di un movimento moralizzatore che trova nel web la sua principale forma di comunicazione. Così l'opera oltrepassa la letteratura di genere, entra nell'attualità politica e consegna al lettore, tra le righe del testo e nel suo complesso intreccio fra etica, legalità, giustizia, senso civico e inerzia delle istituzioni, una questione irrisolta, storica e allo stesso tempo attuale: il fine giustifica i mezzi?

 

Da "Excursus.org, rivista di attualità e cultura" n.55, febbraio 2014

Espellere la corruzione armati di fischietto e cartellino rosso

La parabola calcistica per descrivere il malcostume del Belpaese. Un romanzo paradossale ed emblematico pubblicato da Damster

di Wendy Columbo   

L’ubiquità del calcio nella vita pubblica e privata degli italiani è un fenomeno fin troppo noto. Secondo un recente sondaggio [1], negli ultimi dieci anni, la passione calcistica ha subito un forte incremento, arrivando addirittura a coinvolgere il 52,2% della popolazione. Senza timore di incorrere in discriminanti generalizzazioni è, quindi, possibile ritrarre gli italiani come un popolo di tifosi che parlano, respirano, e mangiano calcio.

Anche coloro i quali, idealmente, si collocano al di fuori della cerchia dei fanatici dello sport nazionale sono in realtà influenzati dalla travolgente onda calcistica che investe pressoché ogni aspetto della quotidianità, dalla programmazione televisiva al linguaggio.

D’altronde, la presenza del glossario calcistico nella lingua italiana è un indicatore molto eloquente dei costumi e delle abitudini culturali del Belpaese: chi non ha mai pronunciato l’espressione “in calcio d’angolo”, “fare un autogol” o “fare catenaccio” in un contesto extra-sportivo? Cosa accadrebbe se l’intrusione del calcio non si limitasse alle espressioni idiomatiche ma iniziasse a imporre le sue inappellabili regole alle condotte dei cittadini italiani?

Questo curioso interrogativo se lo sono posto Andrea Friggeri e Alessandro Bassi, i co-autori del singolare romanzo Quando Arbitro Fischia (Damster Edizioni, pp. 170, € 13,00), escogitando una risposta, o meglio una realtà, tanto stravagante quanto plausibile. Prima di inoltrarci nelle pieghe del racconto, è doveroso spiegare il significato originario del titolo, da cui è probabile scaturisca anche la genesi ideativa dell’intero volume.

Gli autori si rifanno a una celebre frase dell’allenatore serbo Vujadin Boškov, pronunciata durante una delle sue lapidarie interviste: «Rigore è, quando arbitro fischia». Per i cultori del pallone, l’espressione non soltanto sintetizza la logicità e la laconicità del pensiero calcistico balcanico, ma soprattutto esalta la semplicità e l’imprescindibilità delle regole arbitrali da osservare in campo. Nello specifico, per Friggeri e Bassi, l’icasticità alla base del concetto diventa simbolo di una legalità, di una giustizia e di un senso civico alternativi al sistema giudiziario, non sempre imparziale e funzionante nell’Italietta della corruzione e del lassismo morale.

Al fine di dare maggiore risalto alla prospettiva utopica, o per certi versi distopica, di Quando Arbitro Fischia, i due scrittori inseriscono un paio di elementi finzionali molto significativi: il primo riguarda la scelta di un setting fittizio – situato volutamente in maniera imprecisa e antifrastica nel «cuore dell’Appennino» – a indicare, allegoricamente, l’adattabilità del discorso trattato a qualsiasi paese reale della provincia italiana; il secondo concerne l’aspetto più propriamente formale, al quale vale la pena dedicare un po’ di attenzione poiché abbastanza insolito nella nostra tradizione letteraria.

Seguendo l’estetica compositiva del pastiche postmoderno, il racconto prende forma e senso attraverso una serie eterogenea di materiali narrativi che, siano essi riproduzione cartacea o virtuale, generano l’idea di multiprospetticità delle testimonianze. In una progressione sempre più intricata, compaiono serrati scambi di e-mail, status e commenti di pagine Facebook, estratti di diari personali e compiti in classe, schermate di blog e articoli di giornale, trascrizioni di registrazioni ambientali e sms, verbali di denunce e registri di chat-room: una congérie fantasiosa che ingaggia il lettore nella ricostruzione investigativa di un enigma dai contorni farseschi.

Volendo provare a trovare una collocazione di genere, il romanzo in questione potrebbe essere il risultato di un’ibridazione tra una classica detective story – quasi una hard-boiled fiction di casa nostra –, un’opera satirica sulla provincia italiana e un saggio di denuncia socio-politica, il tutto legato da una chiara intenzione sperimentalistica. Alla base della storia c'è un mistero che scombussola il placido comune di Colpacato, la cui indagine porta sotto i riflettori mediatici cittadini un allarmante retroscena di ingiustizie, favoritismi, infedeltà, meschinità e illegalità omertosamente tollerato dai benpensanti.

Fuori dal coro si leva intransigente la voce, o meglio, il fischio, di un fantomatico arbitro che, in totale anonimato, dà avvio a un’escalation di azioni di “correzione sociale”, volte a sensibilizzare i cittadini e a ripristinare il senso civico, la legalità, il rispetto per il prossimo e l’onestà nella piccola comunità. I metodi volutamente estremi e plateali del giustiziere mascherato, oltre a destare l’attenzione della collettività – contemporaneamente bersaglio e platea delle sue iniziative rettificatrici –, richiamano l’interesse delle autorità e dell’opinione pubblica, nelle rispettive persone del maresciallo Oscar e della giovane giornalista Ilaria, i quali s’imbattono in una caccia all’uomo dalle svolte impreviste.

Quando non incentrato sullo sviluppo dell’intreccio investigativo, il romanzo dà spazio alle riflessioni e ai commenti degli abitanti di Colpacato, espressi attraverso i social network e le piattaforme virtuali: divisi manicheisticamente in fazioni pro e contro, i cittadini diventano speaker finzionali ad hoc per animare il dibattito etico suscitato dalle imprese correttive del famigerato arbitro.

Che sia giusto o meno, l’operato dell’inappellabile fischietto – non viene mai fatta chiarezza se dietro alla sua firma si celi il progetto di un singolo o di un collettivo – è comunque salutato come un efficace gesto di lacerazione del velo di reticenza e ipocrisia che sventola indisturbato nelle piccole, come nelle grandi, realtà urbane. Pur appellandosi implicitamente al concetto di fondo di qualsiasi rivoluzione che riconosce la legittimità della violenza per sradicare torti e ingiustizie, Friggeri e Bassi optano per il fair play, passando la palla al lettore che diventa, al cospetto dell’interpretazione della storia, l’unico giudice di gara.


Dal catalogo DANAE libri (Distribuzione Autonoma Nazionale Autori Esordienti)


di Consuelo Taccani  

Quando Arbitro fischia... titolo originale, che fa pensare che Arbitro deve essere qualcuno che fa qualcosa di eccezionale. Ed è proprio così. Arbitro è un ignoto e risoluto giustiziere; misteriosamente colpisce coi propri atti vandalici la vita tranquilla di Colpacato, capoluogo della Val Placida. I fatti criminosi si susseguono e cominciano a trovare ammirazione tra alcuni abitanti; infatti, un gruppo di loro sostiene con vivace e convinta solidarietà l’opera di Arbitro perché emerge la necessità di cambiare il modo di convivere. L’indolenza culturale opprime e solo il fischio di Arbitro impone rigore e tempestività, nel tentativo di scuotere le coscienze perché solo risvegliandole si alimenta il senso di giustizia e di reciproco rispetto. Il maresciallo Oscar con le proprie pagine di diario e la giornalista Ilaria con le proprie email e articoli di giornale si insinuano nell’alternanza di documenti rispettivamente nel tentativo di sfidare l’illegalità e di affermare il successo professionale. Alessandro Bassi e Andrea Friggeri ci propongono una storia “brutalmente” moderna, a tratti quasi impudente, una storia che appartiene a tutti, dove una sottile vena sarcastica attraversa i contenuti attuali e spicci e scolpisce il linguaggio virtuale e divertente. Schiettezza, realtà, verità, anche umorismo sono gli ingredienti di una storia inevitabilmente “nostra”, che colpisce e invade la coscienza di tutti e al termine della quale il lettore non può esimersi dal chiedere: come è possibile convivere nell’immoralità? La passività diventa lo specchio di una vita egoista, disordinata e irrispettosa. Giustizia e legalità raramente collimano, troppo spesso divergono; è allora l’illegalità a ridestare il sopito senso di giustizia, di cui ognuno ha bisogno, ma per il quale nessuno ormai combatte più.

Da "Inkbooks", blog di recensioni letterarie

di Marco Castelletti

Colpacato è una piccola cittadina dell’appennino: gente tranquilla e per bene, grandi lavoratori…fino a quando la maschera di ipocrisia non viene gettata via. “Arbitro” un misterioso giustiziere inizia a punire coloro che mettono le auto in sosta vietata, a tappezzare il paese di foto osè del flagrante tradimento (di cui tutti erano a conoscenza) di una delle donne più in vista della cittadina. E mentre un maresciallo giunto da poco in paese cerca di raccapezzarsi con le fantomatiche gesta del vendicatore la cittadinanza si interroga: chi è? Cosa lo spinge?

 Quando Arbitro fischia è la storia di come un’idea possa cambiare le cose. E’ la storia di un piccolo paese di provincia e delle sue piccole vicende quotidiane. O forse è lo specchio attraverso cui guardare una realtà con cui non sappiamo o non vogliamo confrontarci. Le domande che si pongono sull’Arbitro e le sue azioni i cittadini del paese, gli internauti e le forze dell’ordine sono quelle che ci poniamo anche noi: il fine giustifica i mezzi? E’ necessario fare cose illegali per promuovere la legalità? Con che diritto una persona si erge a giudice del buoncostume e della moralità degli altri?

Al lettore l’ardua risposta e se siete curiosi di scoprire chi è l’Arbitro preparatevi: la sfida sarà difficile e piena di colpi di scena!
Ma il pregio principale del libro di Andrea Friggeri e Alessandro Bassi è l’esperimento che compiono, in un vero e proprio meta libro, pieno di pagine di diario, di schermate di facebook e di messaggi di posta elettronica.
La storia non ha un narratore unico ma prosegue mentre indizi, avvenimenti e illazioni vengono descritti da questo o da quel protagonista della vicenda.

Un libro che scorre veloce e piacevole e visto il finale…chissà se i due autori hanno in mente un seguito!

Marco Castelletti

Da Amazon, la recensione di un lettore:

"Quando Arbitro fischia" è un libro decisamente particolare. Lo è a partire dalla forma grafica e narrativa: nessun narratore, né onnisciente né interno, bensì una serie di "documenti" (li definisco complessivamente così, per comodità) inanellati senza soluzione di continuità e di varie tipologie: articoli di giornale, pagine web, schermate di facebook, chat e cellulari, volantini, temi scolastici, documenti ufficiali di Questura e Comune, e così via. L'idea di narrare attraverso la viva voce dei documenti era già stata utilizzata da Camilleri in alcuni suoi libri, ma qui gli autori si spingono oltre, ampliando le "fonti" a tutte le tipologie possibili e abbinando addirittura alcune parti del libro ad un "tappeto" sonoro (qualcosa che fa valicare al libro il limite fisico della pagina scritta). Questa particolarissima forma narrativa non ostacola in alcun modo la comprensione del filo dell'intreccio, perché gli autori hanno saputo inanellare perfettamente i documenti: ognuno completa e integra la comprensione di quelli precedenti, attaccandosi proprio dove quello precedente finiva. In alcuni casi, poi, la giustapposizione è di grande effetto (ad esempio la schermata finale del PC del Maresciallo immediatamente seguente alle sue riflessioni scritte).
Il risultato di questo esperimento è una sorta di verismo moderno: non esiste il filtro del narratore tra i fatti e il lettore, che può immergersi nella narrazione come in una cronaca attuale, i cui tasselli si rivelano da sé attraverso le fonti di prima mano; lo stesso si dica per i personaggi, che impariamo a conoscere e a capire tramite le loro parole e le loro azioni, oppure attraverso il giudizio di altri personaggi: entriamo così direttamente nella loro psicologia, senza che un autore onnisciente ce la descriva.
Dalla forma veniamo ora al contenuto: la storia del misterioso Arbitro che interviene improvvisamente a turbare la quieta vita dei colpacatesi è narrata con disincanto e con umorismo scanzonato, quasi con cinismo, ma dietro l'apparente tono beffardo si cela una vena drammatica che vede un "crescendo" man mano che si va avanti con la lettura, e che si svelerà completamente nel colpo di scena finale (non dico altro per non spoilerare). La vicenda, apparentemente assurda e un po' surreale, permette in realtà di toccare argomenti profondissimi e di grande attualità: l'immoralità diffusa nelle piccole e grandi cose, lo scontro tra ideale e realtà, la falsità e la meschinità dei rapporti umani, la liceità della giustizia-fai-da-te, e poi ancora l'uso dei social network, il loro ruolo nel creare dei movimenti di massa e nell'amplificare e consolidare opinioni pubbliche e fazioni, il contrasto tra le fonti ufficiali e quelle informali (bar, social)... Il tema centrale è tuttavia quello della legalità e della giustizia: legge vuol dire giustizia? E, se no, è legittimo infrangere la prima per ottenere la seconda? Ma quale prezzo può esigere la giustizia a tutti i costi? Si può sacrificare la libertà alla giustizia? La risposta è lasciata al lettore, che alla fine rimane con più di un interrogativo: dal mio punto di vista, mi pare che la narrazione - e soprattutto il finale - mostri con chiarezza l'assunto che l'utopia, una volta realizzata, si trasforma in una distopia, e che gli ideali possono distorcersi al punto di mettere in discussione la soglia tra Bene e Male.